Ghiaia d’alta montagna

In Val di Fassa, l’avvicendarsi di salite e discese permette di vivere un’esperienza da quattro stagioni anche in un solo giorno. Cosa chiedere di più a un viaggio?

Periodo consigliato

Mag - Ott

Dislivello Totale

5571 m

Lunghezza totale

178 km

Durata

3 Giorni

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repararsi a pedalare attraverso una delle catene montuose più belle e famose, come le Dolomiti in Val Di Fassa, rappresenta sempre qualcosa di particolare. Per chi ha familiarità col tragitto, come Stefano e me, è un processo di scavo nei ricordi e di immaginazione: cosa scopriremo questa volta? Sarà bello come l'ultima? Per i profani, come Raja, il grande interrogativo è: sarà all’altezza delle aspettative?
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A volte tendiamo a vedere la montagna come un elemento statico, che troveremo immutato e corrispondente a tutte le immagini che abbiamo visto. Ma non è così, e le montagne sono capricciose. Un paio di giorni prima di iniziare il viaggio, il mio telefono squilla. «Pensi che possiamo farcela?» mi chiede Stefano. «Quanta neve c’è?». Siamo a metà settembre e inaspettatamente nevica parecchio. Si vedono addirittura persone che fanno snowboard sul Sellaronda! «Facciamolo lo stesso, non dovrebbe nevicare di nuovo e potrebbe essere ancora più bello lassù», rispondo.
E così, eccoci qui. Niente giro estivo e cartoline soleggiate delle Dolomiti. Benvenuti a tre giorni di ghiaia d’alta montagna, con una spruzzata di neve.

Ci ritroviamo la sera prima a Pera, presso il bellissimo Agritur Agua Biencia. Mentre ci godiamo una gran cena, siamo tutti incollati al telefono, controllando le previsioni del tempo e ripetendoci andrà tutto per il verso giusto.
È con questo stato d’animo che partiamo la mattina presto, dopo aver fatto colazione con la migliore vista sulle Dolomiti che si possa immaginare. Prendiamo una strada sterrata che sale e scende in direzione di Campitello di Fassa. È un buon riscaldamento. La salita inizia davvero dopo la magnifica chiesa che domina il paese, le cui pitture murali sono tra le più antiche e importanti della Val di Fassa. Ci vogliono pochi minuti per arrivare a Pian, un gruppo di case di montagna. La strada ci passa in mezzo sotto un groviglio di tetti. Quindi, finalmente, siamo nel bosco.

La strada sterrata che sale verso la Val Duron diventa piuttosto ripida e occorre una buona tecnica per superare un paio di curve, perché il terreno è molto scivoloso. Per fortuna questi tratti sono pochi e brevi e si può mantenere un buon ritmo fino alla Baita Lino Brach.

L’aria è rarefatta, la neve inizia a essere abbastanza presente sulle montagne che ci circondano. È il momento di fare una pausa con una bella torta e un caffè caldo. Sarà il nostro pranzo per la giornata. Siamo a quasi 1.900 metri di altitudine e saliremo due volte fino a quota 2.200. Lasciato il rifugio, la Val Duron ci porta all’imponente parete rocciosa del massiccio del Molignon. Cosparsi di neve e ghiaccio, ma con ancora in mente i vividi colori rosa e marrone dei giorni più caldi, non possiamo fare altro che godere della bellezza del cambiamento di stagione. Siamo soli, con le nostre biciclette, le montagne, il rumore dei nostri pneumatici sulla ghiaia, l’eco del nostro respiro e la profondità dei nostri pensieri. Una sensazione incredibile.

Ora lasciamo la valle e iniziamo a salire verso il primo passo di montagna di giornata. Sotto le ruote, i sassi sembrano sbriciolarsi e il sentiero è anche piuttosto ripido: restiamo concentrati e manteniamo un buon ritmo per evitare di perdere aderenza con il terreno durante la pedalata. Sul passo incontriamo un po’ di neve, per qualche motivo circoscritta in quel punto, e iniziamo a scendere verso valle con lo sfondo del Sassopiatto, che indossa le nuvole come fossero un cappello. La discesa è lunga ma molto piacevole, non troppo tecnica e sufficientemente ampia per evitare buche e sassi mossi. Ben presto incontriamo l’asfalto che ci porta all’impianto di risalita Florian. Da lì inizieremo la seconda parte del nostro viaggio. Sono le 15.30 e siamo in ritardo, con ancora più di 25 chilometri da percorrere e 1.100 metri di dislivello positivo da affrontare.

La pendenza della strada sterrata è costante e si procede a buon ritmo. Ben presto usciamo dal bosco e arriviamo al Mont Sëura. Che posto e che vista! È difficile non fermarsi a ogni metro per ammirarlo. Il Sassolungo ci sovrasta in tutta la sua maestosità. Ci sentiamo così piccoli accanto alle sue pareti di roccia. Da lì in poi ci godiamo una buona parte di discesa. Raja percorre il pendio a una velocità incredibile e riesce per un soffio a portare a termine le ultime curve. È così divertente che non riusciamo a smettere di ridere. L’ultima ripida salita ci ricorda che non abbiamo ancora finito. Inizia a fare buio, il vento soffia, la temperatura scende: è ora di affrettarsi.

Souvenir

Il paesaggio continua a stupirci: passiamo attraverso rocce immense che sembrano essere state spalmate da una mano invisibile, saliamo su ripidi pendii e ci aggiriamo per i singletrack.

È sicuramente uno sterrato tecnico per bici gravel, bisogna fare attenzione, ma all’occorrenza può essere risolutivo spingerla per qualche metro. Arriviamo presto al Passo Sella e alla sua iconica mini-cabinovia. Da qui abbiamo due possibilità: continuare a pedalare su ghiaia e scendere a Canazei utilizzando la cresta che passa per l’Edicola La Colombela de Ciavazes, oppure prendere la celeberrima strada del Passo Sella. Vista la quantità di neve presente, decidiamo di percorrere la strada asfaltata. Allentiamo la presa sui freni e corriamo fino a Canazei; una pedalata indimenticabile.
Arriviamo all’hotel quasi di notte. La nostra testa è ancora lassù, dove c’eravamo solo noi e le nostre biciclette. Ma un’ottima cena ci aiuta a tenere i piedi per terra. Andiamo subito a letto, domani sarà il giorno più lungo del viaggio!

Iniziamo questo secondo giorno dall’Agritur per salire direttamente da San Giovanni di Fassa, il paese vicino. È un gran bel giro perché evitiamo la strada principale, pur avendola vicina e il nome del sentiero è suggestivo: Troi de Sent’Uiana, ovvero Sentiero delle Meraviglie. È un giro fantastico per iniziare la giornata, ma alcune rampe verticali ci colgono di sorpresa. Bisogna avere buone gambe per superarle.

Raggiungiamo la strada per arrivare al Passo Costalunga e poi scendere a Carezza. Non resteremo a lungo sull’asfalto. Da dove ci troviamo, la vista sulle cime del Latemar è stupenda. Essendo vicini alla strada principale, incontriamo un bel po’ di escursionisti, quindi controllare la velocità e la linea è fondamentale perché ci stiamo dirigendo verso il lago di Carezza. Reso famoso da Instagram, attira una tale quantità di turisti che è possibile trovare parcheggi e negozi nelle vicinanze. Percorriamo il sentiero intorno al lago, di un colore blu intenso, fermandoci a fotografare gli incredibili riflessi delle montagne.

È come se i pini, le rocce, le nuvole e il cielo fossero nati da questo specchio d’acqua. A questo punto, è obbligatorio mangiare un bretzel prima di risalire in sella. Attraversiamo il pendio su un sentiero di ghiaia prima di raggiungere la strada. Veloce, divertente: transitiamo in un’immensa foresta dove gli alberi mascherano il cielo, metri e metri sopra la nostra testa.
Questa è sicuramente la parte più facile e bucolica del nostro viaggio.

Da Obereggen fino alla cima del Latermar, dove l’asfalto segue praticamente le piste da sci, è un’altra storia. Stefano spinge al massimo per andare il più veloce possibile: la sfida del giorno. Arriviamo presto al passo ed entriamo nello strano uovo gigante con una finestra aperta sul Latemar e giustamente chiamato Latemarium. È come un piccolo osservatorio rivolto verso la parete rocciosa.
Lasciamo i pascoli alpini e prendiamo la strada per la maggior parte della discesa, prima di tornare su un sentiero sterrato. Passiamo attraverso un’immensa collezione di tronchi abbattuti, allineati e accatastati. Un segno, ancora vivido, della tempesta Vaia, che ha abbattuto migliaia e migliaia di alberi. La salita sopra il paese di Stava non è difficile e ci godiamo il panorama. La discesa verso Tesero è più tecnica nella parte alta e scorrevole man mano che ci si avvicina al paese.

Enogastronomia

Per fortuna abbiamo ancora un po’ di energia per affrontare gli ultimi 25 chilometri, con due rampe ripide e brutali che si presentano davanti a noi. Sono le otto di sera quando raggiungiamo il nostro hotel per la notte, a Moena. Avendo lasciato la macchina a Pera la mattina, decidiamo di mangiare subito. La cena all’Agritur El Mas è ottima e il proprietario ci dà un passaggio per prendere la macchina e tornare a casa sua per la notte. Le tradizioni vanno rispettate e finiamo per condividere con lui qualche bicchierino di grappa, concludendo così una lunga giornata in bicicletta.

Curiosamente, all’Agritur El Mas la colazione viene servita direttamente in camera, grazie a un vassoio lasciato fuori dalla porta. Hanno una cantina interna per la stagionatura dei formaggi e ci fermiamo a dare un’occhiata. Gli scaffali sono pieni di Puzzone di Moena. Dall’odore capiamo che il nome è appropriato. È su questa nota che iniziamo a salire verso il Passo San Pellegrino.

Soffriamo subito sulla salita che porta al Forte di Someda, ma poi ci rilassiamo un po’. La strada sterrata non è troppo ripida, ma in alcuni punti il terreno può essere sconnesso.

Ci fermiamo al San Pellegrino per mangiare un po’ di pasta prima di prendere la funivia per il Col Margherita. L’ascesa è rapida e ci offre un panorama straordinario sulla Cima de Costabella, Cima Uomo e Cima Cadine: tutte e tre superano i 2.700 metri di altitudine. Arriviamo a quota 2.500, il vento è forte e freddo quando usciamo dalla cabinovia. Però wow! che vista!

Stiamo attraversando un lungo altopiano, i cui contorni sono costituiti da cime imponenti e taglienti. Le ombre di ogni montagna creano strati e strati di quelle che sembrano incredibili e incontrastate onde fatte di rocce, con la neve che sostituisce la schiuma. Ci godiamo questo pezzo di discesa che diventa più facile da percorrere man mano che si procede.
Poi, scendendo dal Passo Valles, non possiamo credere ai nostri occhi: torrenti, cascate, creste incredibili. È difficile rimanere concentrati sulla strada, mentre sussultiamo con interiezioni come: guarda, hai visto?, wow! Ci ripromettiamo di tornare, un giorno.

Leggende

L’ultima salita di giornata, eccoci qui. Contiamo le curve, perché cominciamo a sentire un po’ di stanchezza. Arriviamo in cima, incontriamo piccole ma magnifiche case e poi arriviamo al Rifugio Lusia. È già chiuso, quindi non ci fermiamo e scendiamo a valle, dove raggiungeremo la strada sterrata che abbiamo percorso salendo al San Pellegrino. In breve tempo siamo di nuovo all’Agritur El Mas, intorno a un bel fuoco, a una buona bevuta e in piacevole compagnia.

All’aperitivo finiamo per parlare di questi tre giorni di sterrato in Val di Fassa. Ogni giornata offre una buona panoramica della diversità delle Dolomiti e sono tutte complementari. Siamo tutti d’accordo sul fatto che il più panoramico è stato quello intorno al Sassolungo. È quello che ci ricorda l’immaginario più comune, che abbiamo in mente tutti. Il secondo giorno ci ha avvicinato ai luoghi turistici ed è stato il più vario in termini di flora e di tipo di pedalate.

L’ultimo giorno, invece, ci ha regalato un’avventura unica in alta montagna, con un altro punto panoramico sulle splendide e caratteristiche Dolomiti. Alla fine, abbiamo visto vette, valli, laghi, fiumi e montagne incredibili. Abbiamo goduto sia lungo le salite più impegnative, sia nelle discese ipnotiche sterrate. Ci siamo divertiti nei pochi momenti trascorsi sull’asfalto. Abbiamo sfiorato la neve, ma questo ha reso il viaggio ancora più affascinante. Abbiamo sicuramente scoperto una versione esclusiva delle Dolomiti, libera dai turisti che si possono trovare in piena estate. Quindi, qual è la conclusione? Anche se il tempo gioca brutti scherzi, preparatevi e provate, non ve ne pentirete, perché è uno dei posti più belli al mondo per pedalare.

Testi

Ulysse Daessle

Foto

Ulysse Daessle

Hanno pedalato con noi

Raja Ammari, Stefano Balatti

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI

This tour can be found in the super-magazine Destinations - Italy unknown / 3, the special issue of alvento dedicated to bikepacking. 9 little-trodden destinations or reinterpretations of famous cycling destinations.

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