
Strade grigie con mare
Una Toscana inedita. Una Toscana dove ogni colpo di pedale è una scoperta. Una Toscana lontana dai soliti cliché, con radici profonde. Una Toscana vera, al gusto di Toscana.
Periodo consigliato
Gen - Dic
Dislivello Totale
3820 m
Lunghezza totale
241 km
Durata
3 Giorni
Q
Chiara, ciclo-fotografa trasferitasi in zona, mi aspetta nel centro di Bibbona, nella piazzetta della Vittoria, piccola e discreta, ma con una gran vista sulle campagne circostanti: «In un amen qui passi dal mare alle colline» svela Chiara mentre mi conduce tra le viuzze del centro storico. Il ciottolato per terra, le nonne sedute in strada, i panni stesi fuori dalle case di via Di Mezzo e la pieve di Sant’Ilario stanno lì, più o meno nelle identiche posizioni, da anni. Il tempo di gustare una sfoglia e si riparte per la prima pedalata.
È un assaggio di cosa incontreremo nel weekend, assicura Chiara, che sta già indicando cose a destra e sinistra. Siamo su una strada panoramica nota a chi pedala in zona come La camminata: Casalvecchio è un punto panoramico impareggiabile, Casale Marittimo dista solo poche centinaia di metri. Parte dei vigneti circostanti appartengono a uno che di panorami e bella vita se ne intende: il fotografo Oliviero Toscani ha comprato alcune terre qui e le ha rese un’azienda agricola. Ha un motto nella vita, Toscani, «ed è quello di vivere nel luogo in cui vorrei fare sempre le vacanze»: un proposito niente male.


La vista si estende fino ai tre centri sui colli – Casale Marittimo, Guardistallo e Montescudaio – e il tipico colore bianco della ghiaia toscana, al quale siamo abituati per via della famosa corsa professionistica, qui è meno evidente. Anzi, «le strade ghiaiate qui sono proprio grigie. Strade grigie con mare» puntualizza Redaschi con un sorriso. Man mano che ci addentriamo nella Macchia della Magona, infatti, si aprono certi scorci sul mare da far invidia alle Cinque Terre.
Ogni tanto si rimbalza. I resti di un’antica strada romana rendono la pedalata simile a un galleggiamento sui ciottoli di Pompei. È probabile che Bibbona e dintorni siano abitati fin dalla civiltà villanoviana, ma difficilmente Etruschi & C. scelsero la pavimentazione pensando alle biciclette moderne. Sembra invece fatta apposta per il gravel la rete di carreggiate ora argentate, ora rossicce, tra le quali perdersi. Nella Macchia della Magona hanno sistemato la vegetazione, i sentierini sono ben conservati «e a breve incontriamo anche i cinghiali» dice Chiara, rassicurandomi sul fatto che siano in un recinto e tutt’altro che pericolosi.
Invece non incontriamo nessuno per decine di minuti. Vecchi poderi, zone agricole con coltivazioni che sembrano mosaici sui pendii collinari, panorami sulle isole d’Elba, Capraia, Gorgona e persino la Corsica, i resti di alcune carbonaie e cartelli esplicativi di flora e fauna si susseguono senza sosta. Una volta usata come riserva di legname e carbone per alimentare i forni del complesso siderurgico della Magona di Cecina (da essa prende il nome), la Macchia è estesa per oltre 1.600 ettari. È tutto un su e giù, il fondo diventa quasi sabbioso; mentre mi fermo a leggere del forteto, ovvero un tipo di vegetazione molto fitta in cui sono presenti soprattutto erica, mirto, leccio e viburno, Chiara avvista un daino. Non ci si può distrarre un attimo che la natura, tutto intorno, semplicemente accade.
Al tramonto, i colori sono da cartolina. Dopo la località Aione, per la prima volta riusciamo a percorrere 300 metri interamente rettilinei: vigne, alberi, un cielo ingiallito e nient’altro fino a Marina di Bibbona. Qui ci attende Francesco Bettini, compagno di Chiara, corridore gravel professionista di giorno e gestore di campeggio o cameriere di notte, dipende come la si vede. Con Mattia De Marchi, collega e amico, parlano spesso di quanto sia ideale questa zona per gli allenamenti in bici: «Infatti nei primi anni Duemila tutte le squadre professionistiche venivano qui ad allenarsi in inverno, un po’ come succede a Girona adesso», ricorda Bettini. Figlio di Sauro e nipote di Paolo, Frank è conosciuto da tutti e non passano cinque minuti senza che qualcuno lo avvicini per chiacchierare delle vicende più disparate.
Dalla cucina, intanto, la madre, la zia e la nonna di Frank fanno uscire ogni genere di bontà. Divoro spaghetti alle vongole mentre Frank racconta di leggende dei posti: dai teschi che spuntano da qualche muro – chissà dove – a Casale Marittimo, alle tombe etrusche piene d’oro ritrovate negli ultimi anni a Bibbona. Siede fuori, invece, Domenico, il nonno: «Stai sicuro che domattina alle 8, quando passiamo davanti casa con la bici, lo troviamo a lavorare nell’orto». Se si viene in questa zona quando la massa di turisti non è ancora arrivata, anche col buio incipiente è piuttosto facile tornare a casa, che si alloggi a Bibbona o nella frazione La California: le strade sono praticamente deserte e un’alternativa gravel è sempre disponibile.


Anche il sabato e la domenica pedaliamo, ovviamente. Grande protagonista di entrambe le partenze delle due giornate è la pineta costiera, creata per proteggere dal vento salmastro le terre coltivate. Chiara mi fa vedere una delle sue deviazioni preferite verso il mare, mentre Frank confessa che il fondo naturale (aghi di pino morbidissimi e terra umidiccia) è così perfetto che gli permette di venire qua addirittura con la bici da corsa.
I due percorsi su cui mi conducono le mie guide private – Chiara il sabato, Frank la domenica – sono i tracciati medio e lungo di La Mota (dal nome del fango nel dialetto locale), un progetto che intende far conoscere a un pubblico più ampio queste zone. Si tratta di circa 200 chilometri in due giorni, ma con così tanto gravel che l’asfalto ce lo si dimentica proprio. Il sabato è tecnicamente più ostico, con alcuni tratti di portage e discese rotte; la domenica più filante. «Ricordi ieri, alla fine della discesa da Poggio Rogheta, che ti sei trovato un paesino sulla collina di fronte?» mi chiede Frank. Annuisco, ricordando un paesino al di là del torrente Sterza, nomen omen vista la quantità di curve che occorre fare ovunque: «Ecco, ogni 15 agosto, con partenza col rintocco delle campane alle 8 del mattino, un centinaio di ciclisti partecipa a una gara clandestina per arrivare per primi su al borgo di Sassa. C’è pieno di vecchietti che fanno il tifo, le strade vengono altrettanto clandestinamente chiuse al traffico» spiega Bettini. Una sorta di Mondiale della Val di Cecina.


Quando non sono in giro per il mondo a correre in bici o a scattare foto a chi pedala, i due trovano qui un piccolo angolo di paradiso: «la varietà di situazioni» che si incontrano in pochi chilometri, commenta Chiara, «è sorprendente e non necessariamente legata al ciclismo». Due dei posti più magici sono la carraia che passa sotto le pale eoliche nei pressi di Poggio Malconsiglio e la commovente frazione di Querceto. All’abitato di Querceto, tanto bello che sembra finto, arriviamo che la cameriera dell’unico bar aperto, il circolo Anspi Querceto, sta chiudendo il locale e infilando il casco del motorino. La preghiamo di darci un ghiacciolo a testa – il caldo si fa sentire – e giriamo a piedi per il paesino che sembra uscito dai profili Instagram di vita_lenta o italy_segreta.
A vista d’occhio, sui pendii circostanti a dove pedaliamo, geyser bianchi puntellano il verde dei boschi. Le zone intorno a Pomarance, infatti, vengono sfruttate per la produzione di energia geotermica. Di tanto in tanto, dobbiamo guadare i botri, canali di scorrimento delle acque piovane che compaiono improvvisamente nelle campagne e nei boschi. Capita che Chiara o Frank indichino a valle dicendo: «Ecco il mulino!», intendendo un mulino a vento situato sul cucuzzolo di una collinetta e divenuto uno dei simboli di Bibbona. In realtà, credo vogliano dire: «Ecco casa!».
Infine, la domenica pomeriggio, si fa ritorno verso la Macchia della Magona. Superati il laghetto di Caselli e qualche formazione ofiolitica, un single track in salita ci porta al «punto panoramico migliore di tutti», assicura Bettini. Ed effettivamente dai 530 metri circa di Poggio alla Nocca si vede, per dire, il castello di Castiglioncello di Bolgheri, nelle cui cantine venne prodotta per la prima volta una bottiglia di Sassicaia. Non resta che scendere verso Bibbona, ma appena prendo la bici in mano un fischio prolungato preannuncia il fattaccio: ho forato. Nei seguenti due chilometri, per quattro volte sostituiamo la camera d’aria, ma qualcosa – non riusciamo a capire cosa, nonostante le attente ricerche – continua a forarle. Finché non rimaniamo senza.
Dobbiamo separarci. Frank continua verso Bibbona, io spingo la bici fino a uscire dalla Magona. Essendo in una riserva naturale, infatti, non posso farmi venire a prendere fin lì. Abbiamo già pedalato un centinaio di chilometri, con quasi 2.000 metri di dislivello, sono le due di pomeriggio e non ci sono più né acqua né cibo. Non prende il telefono. Cadaverico, in un’ora e mezza sotto al sole del mezzogiorno raggiungo il cimitero di Bibbona, alla cui fontanella rugginosa bevo come fosse un’oasi nel deserto. In centro, poi, mi rimetto in sesto: mentre addento focaccine, mi balena in testa un’idea. Potrei chiedere a Frank di venirmi sì a prendere, ma con calma, tra molte ore. Nascondo quindi la bici in qualche anfratto di Bibbona e torno nella Magona a piedi, da solo, per goderne il silenzio e godermi la solitudine.
Tra le altre cose, la Magona è pure perfetta per l’espressione darsi alla macchia. La si usa soprattutto in senso figurato, indica forme di fuga repentine e sconnesse. Chi si dà alla macchia vuole far perdere le proprie tracce, nascondendosi in una terra di mezzo in cui non si verrà ritrovati, più o meno metaforicamente. Così, anch’io mi sono dato alla macchia, nel senso proprio di concedere, affidare un corpo caracollante ed esausto. Trovata una panchina, mi ci sono addormentato di netto, ancora vestito da ciclista. Ed è nella Macchia della Magona, una domenica pomeriggio, che conobbi le ore più ingenue e spensierate della mia vita a pedali.

Testi
Michele Pelacci

Foto
Chiara Redaschi
Hanno pedalato con noi
Alessandro Dondi, Elia Poletti

This tour can be found in the super-magazine Destinations - Italy unknown / 3, the special issue of alvento dedicated to bikepacking. 9 little-trodden destinations or reinterpretations of famous cycling destinations.