Sulle strade di Fausto Coppi

Basta poco per essere felici. 275 chilometri con partenza e ritorno nel capoluogo, tra stradine inconsuete, sterrati e i luoghi di culto del Campionissimo.

Dislivello Totale

3.752 m

Lunghezza totale

276 km

Durata

2/3 Giorni

I

l rischio di essere banali quando si parla di felicità è davvero molto alto. Alzi la mano chi non ha sentito dire, ad esempio, che la felicità sta nelle cose semplici: una buona compagnia, un bicchiere di vino, quattro risate, nulla di più. Per noi che amiamo trascorrere ore e ore in sella, alla ricetta precedente basta aggiungere una bici e un paio di borse da bikepacking… et voilà, il gioco è fatto.

Sulle strade di Fausto Coppi

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Intro

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Alessandria Grande Boucle

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Quarto Stato, colli e fontanelle

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Borbera e Timorasso

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Casa Coppi a Castellania

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Novi, Gavi e val Bormida

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Finale con gravel

Sono piemontese, ma non mi piace dire di andarne fiero perché non amo vantarmi di una cosa che non ho scelto o che non ho creato con le mie mani. Però sono davvero molto felice di esserlo. Sarà forse una banalità ma, se penso al me ragazzo, devo dire che non mi sarei visto in nessun’altra parte d’Italia. E, se penso al me attuale, men che meno. Come spesso accade, però, è più facile conoscere a menadito un luogo a centinaia di chilometri di distanza da casa tua piuttosto che il quartiere che confina con quello in cui vivi da vent’anni. Era quindi arrivato il momento di andare lì, proprio lì. 
La scelta del compagno di viaggio, al contrario, non è una banalità, anche se di scelta realmente non si tratta. Quando t’immagini una rotta, un luogo, un percorso, hai già ben chiaro in mente quale sarà la persona che potrà accompagnarti: è un po’ come se il socio sia una parte integrante del trip. Sapevo che Davide sarebbe stato il co-pilota perfetto: stesse passioni, stessa visione del ciclismo, stessa attitudine post attività sportiva che si declina volentieri al buon cibo e al buon vino.
Il fatto poi che questi luoghi li conoscessimo davvero poco e male ha acceso la lampadina della nostra curiosità. Anche se, personalmente, a essere sincero quello che più ha conquistato la mia attenzione è il nome del tracciato: le strade di Coppi. 

Di Fausto, e anche del fratello Serse, si sa praticamente tutto, o quasi. Se sei uno che macina chilometri su chilometri in bici, non puoi non conoscere la storia del Campionissimo. A dire il vero, la conoscono pure i pantofolai. Mi spiego meglio. Nello sport sono assai rare le figure che vanno oltre il proprio ambito di successo: penso ad Alberto Tomba, che entusiasmava anche chi non aveva mai messo un paio di sci ai piedi; a Valentino Rossi e alla stragrande maggioranza dei suoi fan che non aveva mai acceso nemmeno uno scooter. Nel ciclismo accadeva lo stesso con Marco Pantani, ma quasi mezzo secolo prima anche con Coppi. Ecco, se penso alla prima figura sportiva pop, penso proprio a Fausto Coppi.
Insomma, era proprio arrivato il momento di conoscere meglio ciò di cui ho sempre e solo letto, ciò di cui ho sempre e solo sentito parlare.

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Alessandria Grande Boucle

Il percorso non sembra essere una passeggiata. Un loop da circa 270 chilometri – anzi, visto che parliamo del vincitore di due Tour, una Grande Boucle – per quasi 4.000 metri di dislivello, su terreni misti: un po’ di gravel e un po’ di strade asfaltate secondarie. Come spesso accade il tempo da dedicare ai nostri giochi non è mai troppo, quindi scegliamo di dividere la traccia in due sole tappe. Ci sarà da menare, e parecchio, ma siamo sicuri che tutto ciò ci farà sentire un po’ più vicini a quel ciclismo che fu: pochi fronzoli e tanta fatica.
Alessandria è perfetta come luogo di partenza e di arrivo. Siamo indecisi se raggiungerla in auto o in treno, ma alla fine optiamo per il secondo, un po’ per quel gusto vintage e un po’ perché è così comodo non avere altri pensieri se non quello di prendere un treno in orario.
Un espresso caldo, un paio di baci di dama – no, non la Dama Bianca… ma le irresistibili sfere di frolla di burro e farina di mandorle con un equatore di cioccolato – e pochi minuti dopo le 8 del mattino inizia la nostra avventura.

Luoghi

Museo ACdB

Casa Studio Pellizza

Museo dei Campionissimi

La Bollente

Non è un anno fortunato dal punto di vista climatico: non piove da mesi, i fiumi sono secchi, le piante e i campi assetati come un ciclista senza borraccia in una tappa pirenaica. Scambiamo due parole sulla situazione, ma proprio due: c’è ben poco da aggiungere sull’argomento, se non un silenzio che sa di preoccupazione vera. Questi pensieri ci avvolgono ancora mentre scaldiamo i motori sulla prima rampetta che ci porta sui colli alle spalle di Alessandria. La vista sulla città è pazzesca e pensare che non abbiamo fatto neanche due chilometri dal centro per arrivare a godere di ’sto gran panorama.
Ridiscesi in pianura dedichiamo le prime due orette a pedalare lungo l’argine del Po. Dall’alto della pista ciclabile abbiamo la miglior prospettiva su ciò che ci circonda.
La Grande Pianura è lavoro, lavoro e ancora lavoro. È come se idealmente ci preparassimo chilometro dopo chilometro all’incontro che ci sta aspettando.

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Quarto Stato, colli e fontanelle

Ci sono foto, dipinti, immagini che abbiamo stampati in testa sin da bambini. Alcuni sono personali e riconducono a ricordi privati, come una fotografia in bianco e nero in casa della nonna. Altri sono universali, talmente famosi da averli visti in ogni salsa e riprodotti in ogni dove. Penso all’Ultima Cena o alla Gioconda di Leonardo da Vinci, ad esempio, o a una foto di Marilyn Monroe, o di James Dean. Una di queste immagini è Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo.
La forza di questo dipinto mi ha sempre affascinato, e ovviamente so di non essere l’unico a provare questa sensazione. Ecco perché la sosta a Volpedo, in piazza Castello, in quella che è proprio l’ambientazione del dipinto, era un traguardo imprescindibile del nostro viaggio.
«In casa della mia prozia Matilde era appesa una stampa di questo quadro – mi dice Davide ridendo – e nemmeno lo ricordavo più. Incredibile cosa mi è tornato in mente!». Quando dico che i compagni di viaggio sono parte del progetto già dalla sua fase embrionale, intendo proprio questo.
Ma è arrivato il momento di iniziare a sudare per bene. Cominciamo a fare i conti con i Colli tortonesi.

D’ora in poi scordiamoci pianura, drittoni, tranquillità: qua è dove si allenava Coppi e il piattone non era di certo previsto.

Via di su-e-giù tra boschi, vigneti, coltivazioni di nocciole e frutta di vario tipo. Ogni tanto ci infiliamo in lunghi tunnel ombrosi di piante che, benedetti, ci regalano un poco di fresco; altre volte la strada ci porta in cresta di collina, dove lo sguardo si apre verso le Alpi a trecentosessanta gradi. Il caldo si fa sentire sempre di più, ma per fortuna sappiamo dove trovare fontanelle in cui riempire le nostre borracce. Quando ti muovi tra i piccoli paesi, sai benissimo che le alternative sono due: la fontanella del sagrato della Chiesa – e in questo caso basta individuare il campanile – oppure quelle dei cimiteri.

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Borbera e Timorasso

La maggior parte dei chilometri previsti in questa prima giornata l’abbiamo oramai alle spalle: è il momento di entrare in quella che è la zona più remota e nascosta del nostro tour: la Val Borbera. La prima foratura viene accolta con i soliti epiteti, ma basta poco per capire che, in fondo, si tratta di una fortuna. Così rifiatiamo e ci rinfreschiamo ancora un po’ prima delle ultime fatiche.
Ma cos’è la fatica quando ti si apre un paesaggio del genere? Un piccolo scollinamento e poi giù per le strette del Borbera, un posto che a raccontarlo non ci si crede. Difficile anche paragonarlo a qualche scena di film famoso perché una valle così, giuro, è quasi impossibile da trovare: una gola stretta e in fondo il fiume che, anche se ci dicono meno rigoglioso d’acque del solito, scorre sinuoso come un serpente verde, tra salti d’acqua e spiaggette appartate tra le rocce e la vegetazione.

Ma davvero siamo in Piemonte? Ma davvero siamo in provincia di Alessandria?

Una doccia al volo, giusto qualche minuto di relax: siamo cotti a puntino, non c’è altro da aggiungere. Chi ci accoglie al B&B inizia a parlare di un vino dal nome mai sentito prima. Ripete più volte il nome mentre io e Davide ci scambiamo sguardi tra l’imbarazzato e il divertito: non ci stiamo capendo nulla. Una volta arrivati al ristorante tutto ci è più chiaro quando l’oste, con il fare di uno che ne sa, ci offre due bicchieri… di Timorasso! Cadiamo dalle nuvole e a quel punto siamo tutto orecchie: «Il Timorasso è un vitigno storico delle nostre zone.
È un vitigno molto fragile, perciò negli anni è stato via via sostituito da uve più resistenti fino a quando, dopo l’invasione della fillossera, è scomparso. Da pochi anni qualche produttore ha scommesso su questa antica uva ed ha ricominciato a coltivarla. Per noi, è un orgoglio».
C’è chi sostiene che nella borraccia dei vecchi campioni di ciclismo ci fosse anche del buon vino. Io non sono di certo un campione, ma il mio spirito di emulazione, in questo momento, è a livelli altissimi.
Sarà la temperatura più bassa della notte o le due bottiglie di Timorasso, ma al risveglio ci sentiamo bene come non mai. È tempo di andare, le strade di Coppi ci chiamano.

Cose buone

Gavi e Timorasso

Montebore

Pesche di Volpedo

Focaccia di Novi

Amaretti e baci

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Casa Coppi a Castellania

È strano in realtà, perché non ci vuole molto impegno per immaginare come fossero queste strade e questi mangia e bevi settanta, ottanta anni fa, quando il Campionissimo si allenava per vincere tutto il vincibile. Non so se mi spiego, ma il contesto, la tranquillità, i silenzi, la quasi assenza di auto: è facile farsi teletrasportare o, meglio, ciclotrasportare in quell’epoca.
Faccio queste considerazioni tra me e me mentre Davide spinge sui pedali e non spiccica una parola. È teso, schivo, non capisco bene il perché. Provo a elencare le varie motivazioni quando, senza nemmeno accorgermene, leggo il cartello Castellania. Ci siamo.
Nel piccolo paese tutto parla di lui: praticamente è un museo a cielo aperto. Fotografie dappertutto e di ogni dimensione, murales, frasi celebri scritte in ogni dove, per celebrare il Campionissimo.
La sosta al cimitero è d’obbligo, così come qualche minuto di raccoglimento davanti alla tomba dei due fratelli.
«Posso avere una foto? Ne ho a casa una identica di mio nonno seduto proprio qua. Mi piacerebbe averla uguale», mi chiede Davide. Prendo in mano il mio telefono e mentre sto per scattare mi si accende la lampadina:
«Senti un po’. Ma vuoi dirmi che tuo padre, il Fausto, si chiama così in onore di Coppi?».
«Certo! Mio nonno disse a mia nonna:
O Gino o Fausto, scegli tu. E lei scelse Fausto».
Sorrido, scatto la foto e Davide mi ringrazia in maniera davvero sincera. Non poteva che essere lui, ancora una volta, il compagno perfetto per questo viaggio

Ciclostorie

Il Campionissimo…

…e gli altri campioni

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Novi, Gavi e val Bormida

Sarà la commozione, sarà che ci è venuto facile immedesimarci nelle sue gesta, ma alla ripartenza le gambe girano che è un piacere. Il paesaggio cambia e i boschi lasciano piano piano spazio ai vigneti. Siamo galvanizzati ma, dopo un veloce passaggio a Novi Ligure, optiamo per una breve sosta a Gavi. Il castello in alto e il centro con i suoi stretti vicoli ci danno un senso di rilassatezza di cui abbiamo davvero bisogno mentre le lavagne scritte a mano appese fuori da ogni ristorante ci fanno venire l’acquolina in bocca. «Si deve vivere parecchio bene qua, eh?», ci chiediamo tra di noi e ci rispondiamo con una risata che sa di invidia.
È un po’ presto per pranzare, così optiamo per rimetterci in sella e dirigerci verso la Val Bormida. Vorremmo goderci gli ultimi chilometri di questo viaggio con più tranquillità ma siamo così galvanizzati che la goduria, in questo momento, vuol dire giù un dente e menare forte. Ci divertiamo, e non poco.
La tappa ad Acqui Terme non può saltare. Si capisce che siamo molto vicini alla Liguria, un po’ per la parlata che è davvero differente rispetto a quella a cui siamo abituati, ma soprattutto perché mangiamo forse la migliore farinata che abbia mai assaggiato prima. E sì, lo ammetto, ci è scappato anche un bicchiere di Gavi bello fresco.
Siamo pronti all’ultima salita di giornata, quella che ci porta ad Alice Bel Colle e, se si chiama così, un motivo ci sarà. In effetti il panorama è davvero pazzesco e riusciamo ad apprezzarlo nonostante gli oltre trenta gradi sui nostri caschi (bianchi, per fortuna).

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Finale con gravel

Il tempo di rifiatare, riempire la borraccia per la ventesima volta di giornata e via di slancio per l’ultima oretta del viaggio. La traccia ci dice che ci aspetta pianura, solo ed esclusivamente pianura, e tutti sappiamo bene che non è per niente divertente un’ora di drittoni quando si è cotti. Una curva, un’altra curva, lasciamo la strada asfaltata e in un attimo siamo in una dimensione ancora diversa rispetto a quelle affrontate fino ad ora. Una gravellata tra campi di granturco, attraversando piccoli e caratteristici borghi: altro che noia! Altro che poco divertente! Quello che pensavamo fosse un semplice trasferimento si trasforma in un ulteriore viaggio nel viaggio. Un po’ per lo stupore, un po’ per la stanchezza, rallentiamo e optiamo anche per una sosta nel mezzo del nulla, all’ombra dell’unico albero.

L’ultimo treno per tornare a casa è tardi ma non tardissimo e vogliamo arrivare assolutamente in tempo per goderci una birra ad Alessandria. Nonostante il viaggio sia quasi finito, gli ultimi colpi di pedale sono piacevoli e non c’è tempo per essere tristi. Sono stati due giorni gonfi di sensazioni e di sentimenti. Una buona compagnia, un bicchiere di vino, quattro risate, una bici con un paio di borse da bikepacking e le strade di Coppi.
Non vorrei essere banale, ma basta davvero poco per essere felici.

Tipologia di bici

Gravel

Sterrato e asfalto. Vigneti, risaie, boschi e città. Pianura, collina e strappi in doppia cifra. Siate pronti a tutto!

* informazione Publiredazionale

Testi

Stefano Francescutti

Foto

Laura D’Alessandro

Foto

Paolo Penni Martelli

Hanno pedalato con noi

Davide Caccia, Stefano Francescutti

REALIZZATO CON IL CONTRIBUTO DI

Questo itinerario lo puoi trovare sul super-magazine Destinations – Italy unknown / 1, lo speciale di alvento dedicato al bikepacking. 13 destinazioni poco battute o reinterpretazioni di mete ciclistiche famose.

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